Le formiche lavorano sodo_ documentario sul centrostorico di Genova_ back to videoproduzioni >>

SOGGETTO: Matteo Fontana INTERVISTE e ASSISTENTI: Alice Pugliese, Mara Bernardi RIPRESE E FOTOGRAFIA: Matteo Fontana REGIA E MONTAGGIO: Maurizio Schnabl, Matteo Fontana MUSICA: Marco Schnabl :: 2004, 22 minuti

 

 

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Colui che cantò al mondo Genova ed il suo sapore descrisse i vicoli del Centro Storico come “quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldar la gente di altri paraggi”. E proprio le ombre cangianti di questo magico angolo di mondo, i suoi sguardi preziosi, le sue voci che riecheggiano melodiche sono l'energia pulsante di “Le formiche lavorano sodo”, esordio documentaristico di Matteo Fontana e Maurizio Schnabl proiettato in anteprima al museo di arte contemporanea Villa Croce dal 15 al 19 Giugno e selezionato per il Genova Film Festival 2005 in programma al Cinema America dal 27 al 3 Luglio.

L'obiettivo del regista si apre sui volti di chi ai Carruggi ha affidato fortuna e speranza; protagoniste sono le storie di chi ha fatto un nido sotto fessure di cielo, di chi è diventato l'eco della propria bottega, di chi ha aspettato forse, con malcelato mugugno, di poter un giorno ripartire. In questi vicoli ci si arriva per caso o necessità. Giuseppe Papalia sbarca nel 1947 da Gioia Tauro, da allora ripara gli orologi degli altri, mentre il suo sembra fermo da un pezzo. Il ragazzo di paese arriva pochi anni fa e tra le macine secolari di Viganotti realizza il suo sogno. Giorgio Bergami viene da San Quirico, circa 16 anni fa; “Genova è il centro del mondo”, sorride, forse ripensando orgoglioso a quante fotografie le ha scattato da allora. Daniela vi è capitata per caso, quasi attratta da quel degrado che, se non respinge, attrae, ammalia, ed alla fine incatena. Benvenuto Piu è “nato in tutto il mondo”, per poi dedicare ogni battito del suo cuore, ogni sigaretta, ogni sguardo al suo balcone preferito, Piazza delle Erbe, dove da venticinque anni è l'Artista del ferro. Anche chi, ai bordi di un biliardo ingiallito, racconta del suo arrivo da Urbino nel 1959, ci regala un sorriso e una storia, una cantilena sdentata, ma sincera ed ormai ligure.

Sono anime autentiche quelle che si alternano in questo viaggio nei vicoli, approdate su queste rive per coraggio o disperazione. I loro calli sono romantici almeno quanto i loro sogni sbiaditi. La loro storia sono questo dedalo di carruggi e piazzette, così chiuso su se stesso e difficile da capire, così apparentemente scomodo, ma che aspetta semplicemente un semplice raggio di sole o una domanda per concedersi al mondo e sedurlo per sempre.



Daniele Marras